ANSIA

ANSIA

Molte persone in certi momenti della loro vita sperimentano una serie di sintomi psico-fisici che considerati nel loro insieme vengono identificati nell’ansia. E’ per tale ragione esse iniziano a porsi alcune domande come ad esempio: cos’è l’ansia? L’ansia ha una causa specifica? Parchè io provo più ansia delle altre persone? Quali sono i sintomi dell’ansia? Qual è la terapia per l’ansia? Quali sono le cure per l’ansia? Tali domande seppur in apparenza banali in realtà presuppongono risposte abbastanza complesse che implicano una conoscenza professionale e un’analisi approfondita della condizione e storia della singola persona da parte di uno psicologo o psicoterapeuta.

Tuttavia, per aiutare la persona a fare maggior chiarezza sull’argomento ansia è possibile illustrare alcuni concetti base:

L’ansia è attivazione psicofisiologica! l’ansia è attivazione psicofisiologica adattiva e funzionale al fronteggiamento di situazioni, al raggiungimento di obiettivi, alla previsione di minacce, poiché attivarsi mentalmente e fisicamente significa mobilitare risorse verso una meta.ansia sana Pertanto, l’ansia è funzionale e utile in molte circostanze di vita, ha una finalità adattiva (conservazione della specie) e si configura come attivazione psicofisiologica ottimale! In presenza di uno stimolo “potenzialmente pericoloso” per la nostra sopravvivenza il  cervello invia l’informazione al talamo e poi all’amigdala, cui seguono risposte di attacco o fuga. Ad esempio un rumore forte ed improvviso dentro la propria abitazione viene processato dalla corteccia pre-frontale che genera un’alaborazione cognitiva per cui il rumore può essere interpretato come una porta che sbatte bruscamente per il vento o un ladro che si è introdotto in casa forzando la finestra! Queste informazioni ritornano all’amigdala, permettendoci di adottare il comportamento più adeguato alla situazione sulla base dell’interpretazione cognitiva dello stimolo.

L’ansia può divenire patologica o disfunzionale quando diviene uno stato eccessivo e persistente di tensione che la persona non riesce a gestire o contenere; l’ansia patologica spesso coincide con una tensione anticipatoria per un pericolo o una minaccia non oggettivi, bensì vaghi (ansia senza oggetto) dai quali la persona tenta di proteggersi mettendo in moto una serie di “spie”: i sintomi ansiosi! In tal senso, l’ansia è l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro, accompagnata da sentimenti di disforia e da sintomi fisici di tensione. ansia patologicaL’ansia patologica è dunque la risposta di vigilanza dell’organismo a ciò che il sistema cognitiva interpreta come potenzialmente pericoloso e che deve essere fronteggiato da qui tutta la sintomatologia che a lungo andare pregiudica le normali capacità personali! A livello neurofisiologico, nel caso degli attacchi di panico e delle fobie, le informazioni non vengono più decodificate correttamente dalla corteccia pre-frontale perchè l’interpretazione cognitiva dello stimolo è distorta, negativa, catastrofica o irrazionale; pertanto, l’informazione che giunge all’amigdala genera una risposta automatica di paura (fuga) in assenza di stimoli oggettivamente pericolosi per la nostra sopravvivenza.

L’ansia si distingue in due tipologie: l’ansia di stato e l’ansia di tratto.

L’ansia di tratto rappresenta una caratteristica stabile della personalità che si manifesta nella tendenza a reagire con marcata reattività e allerta agli stimoli ambientali. Le persone con elevata ansia di tratto hanno uno stile cognitivo improntato su schemi legati al senso di “minaccia” e “pericolosità” che le conduce a preoccuparsi eccessivamente ed assumere un atteggiamento comportamentale eccessivamente reattivo anche in quelle situazioni che non rappresentano una fonte di minaccia per la maggior parte degli individui. Ciò determina reazioni emotive e comportamentali che possono risultare poco funzionali in diverse situazioni quotidiane. Dunque, l’ansia di tratto si riferisce a “differenze individuali relativamente stabili, nella disposizione verso l’ansia, cioè a differenze tra le persone nella tendenza a rispondere con elevazioni dell’intensità dell’ansia di stato a situazioni percepite come minacciose” (Spielberger et al., 1970).

L’ansia di stato è una condizione di attivazione psicofisiologica (attivazione del sistema nervoso autonomo), vissuta come uno stato di tensione, nervosismo, allerta, preoccupazione, inquietudine, in quanto rompe l’equilibrio emotivo dalla persona. L’ansia di stato è concettualizzata “come uno stato transitorio emozionale o come condizione dell’organismo umano, caratterizzata da sentimenti soggettivi percepiti a livello cosciente di tensione ed apprensione, e dall’aumentata attività del sistema nervoso autonomo. Può variare nel tempo e fluttuare nel tempo” (Spielberger et al., 1970). Quando l’ansia di stato raggiunge livelli elevati, causa disagio e impedisce alla persona di agire e svolgere le sue attività nella sua piena funzionalità e capacità personale e sociale. L’ansia eccessiva induce la persona a mettere in atto comportamenti controproducenti come i comportamenti evitanti al fine di ridurre l’ansia, che a lungo andare rinforzano il circolo vizioso dell’ansia, che invece di diminuire finisce per aumentare. Quando l’ansia eccessiva e incontrollabile produce una sintomatologia consistente, generando sofferenza e disadattamento,  si corre il rischio di sviluppare un Disturbo d’Ansia Generalizzata (DAG).

Il Disturbo d’Ansia Generalizzata (DAG) si caratterizza per ansia e preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, che si manifestano per la maggior parte dei giorni (per almeno 6 mesi), relativamente a una quantità di eventi o di attività. I principali sintomi del disturbo d’ansia generalizzata sono:

  • La difficoltà di controllare la preoccupazione e l’ansia (eccessiva per intensità, durata o frequenza)sintomi ansia
  • Irrequietezza (sentirsi tesi, con i nervi a fior di pelle)
  • Affaticamento
  • Difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria
  • Irritabilità
  • Tensione muscolare
  • Alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno irrequieto e insoddisfacente)

Le preoccupazioni riguardano soprattutto eventi e situazioni quotidiane e/o future. Ad esempio la persona tende a preoccuparsi frequentemente  di possibili fallimenti (errori o sbagli), giudizi negativi e disgrazie. Tali preoccupazioni possono riguardare se stessi, i familiari, le relazioni sociali, il lavoro, le finanze e le malattie.

Quando l’ansia patologica è circoscritta unicamente alle situazioni sociali si parla di Disturbo d’Ansia Sociale (o Fobia Sociale). Esso è caratterizzato da paura o ansia marcate rispetto a una o più situazioni sociali in cui l’individuo è esposto al possibile giudizio degli altri. Tali casi possono riguardare situazioni di interazione sociale (es: conversare, incontrare persone sconosciute), essere osservati (es: mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (es: parlare in pubblico). La persona teme di trovarsi in imbarazzo, essere valutata negativamente, essere umiliata o rifiutata, di agire in modo inadeguato manifestando ansia. Le situazioni sociali ansiogene vengono evitate o sopportate con forte disagio.

L’ansia come attivazione eccessiva e disfunzionale non è presente solo nei disturbi d’ansia come Il Disturbo d’Ansia Generalizzata (DAG), il Disturbo d’Ansia Sociale, il Disturbo da Attacchi di panico e altri disturbi d’ansia, ma è trasversale ad altre condizioni cliniche come ad esempio la depressione, i disturbi alimentari e il disturbo ossessivo compulsivo (classificato come categoria a se stante nel DSM 5 e non più tra i disturbi d’ansia).

L’ansia patologica è una risposta di allarme, un indicatore di disagio che offre all’individuo l’opportunità di modificare qualcosa di sé in termini di cambiamento positivo. Il nostro corpo è perfetto perciò ci invia dei segnali e l’ansia è un segnale, un “campanello di allarme” che riconduce a qualcosa sul piano psicologico (cognitivo ed emotivo) o esistenziale (bisogni, mete di realizzazione) che la persona è chiamata a riconsiderare. Essa ha dunque una funzione positiva, offre alla persona l’opportunità di modificare se stessa e il percorso della propria vita in linea con ciò che desidera per se stessa. Per tale ragione diviene necessario, con l’aiuto di uno psicologo o di un terapeuta, individuare l’area esistenziale di maggior disagio, quella connessa ai bisogni fondamentali e alle credenze profonde della persona da cui origina l’ansia. Qual è il nucleo problematico soggettivo? Cosa la persona desidera raggiungere oppure teme di perdere? E’ fondamentale guidare la persona verso la comprensione dei propri bisogni profondi, delle motivazioni che mobilitano la sua energia psico-fisica per aiutarla ad individuare e intraprendere un percorso di crescita e realizzazione personale.

Possiamo icura ansiammaginare l’ansia come il contenuto di un vaso e quest’ultimo come la struttura psichica della persona; in certi momenti della vita il vaso trabocca, l’ansia si manifesta e crea sofferenza perché la struttura psichica non è più in grado contenerla. Per tale ragione modificare e flessibilizzare le strutture cognitive (schemi e credenze personali) e alcuni tratti di personalità, rendere le struttura cognitiva e di personalità meno rigida consentendo una migliore gestione e contenimento dell’ansia. E’ importante ricordare che più si tenta di evitare l’ansia e più essa aumenta, non si può rifiutare o evitare l’ansia, essa va tollerata e compresa nella sua funzione di segnale d’allarme!

Cosa segnala l’ansia?  Quale disagio esistenziale indica? Di cosa ha bisogno la persona? Cosa teme? Cosa non riesce a fare?

TRATTAMENTO DEL DISTURBO D’ANSIA

Il trattamento dell’ansia nell’ambito delle psicoterapie cognitivo-comportamentali comporta l’eliminazione o la riduzione del sintomo attraverso l’utilizzo combinato di tecniche comportamentali e cognitive. Le tecniche comportamentali includono ad esempio l’esposizione progressiva alle situazioni ansiogene e le tecniche di rilassamento; mentre quelle cognitive riguardano principalmente la ristrutturazione cognitiva che prevede la valutazione degli schemi cognitivi e delle credenze personali (legate soprattutto ai temi della minaccia, del pericolo e della vulnerabilità) ed una loro modifica in termini di maggiore funzionalità e adattabilità.

Il trattamento cognitivo-comportamentale dell’ansia generalmente prevede alcuni step:

Fase 1. Identificare i sintomi ansiosi (fisici e cognitivi), le situazioni o luoghi evitati o temuti che attivano la sintomatologia e i comportamenti che la persona mette in atto nei momenti di ansia (o per evitare che insorga quest’ultima).

Fase 2. Imparare a conoscere il proprio ritmo respiratorio: apprendere a respirare lentamente e profondamente (respirazione diaframmatica o addominale) per controllare l’ansia ed evitare fenomeni di iperventilazione e mancanza d’aria. Inspirando lentamente per tre secondi, gonfiando la pancia e poi espirando per altri tre secondi molto lentamente.

Fase 3. Identificare i propri pensieri irrealistici che generano un’interpretazione erronea della situazione stimolo come pericolosa. Individuare pensieri non realistici attivanti come ad esempio  “Ho paura di perdere il controllo…Ho paura di impazzire…Ho paura che mi verrà un infarto o soffocherò”. Per renderci conto dei propri pensieri è necessario annotarli!

Fase 4. Identificare le credenze negative (assunzioni e convinzioni disfunzionali) sottostanti i pensieri automatici irrealistici. Ad esempio:

  • Se prendo la macchina. Mi verrà un attacco di panico.
  • Quando sento che il cuore batte velocemente, ho paura di avere un infarto o morire.
  • Se vengo criticato, allora vuol dire che non vado bene, c’è qualcosa di sbagliato in me.
  • Se sto male temo di perdere il controllo, impazzire o  morire.
  • Se sto male e svengo, ho paura di sembrare sciocco alle altre persone.
  • Essere ansiosi è segno di debolezza.

Fase 5. Modificare le credenze e i pensieri disfunzionali mettendoli in dubbio e facendosi delle domande sulla loro veridicità. Questa operazione è difficile ma possibile! Occorre esercizio e volontà per cambiare il proprio modo di pensare! Alcune domande utili per valutare i propri pensieri:

  • Ho delle prove a favore della veridicità del mio pensiero?
  • Questo pensiero prende in considerazione aspetti sia positivi che negativi?
  • Questo pensiero è per me fonte di serenità e benessere?
  • Questo pensiero mi aiuta a stare meglio? E’ utile pensare questo nella vita di tutti i giorni?
  • L’origine di questo pensiero è legato ad esperienze personali o esperienze educative?

Fase 6. Costruire i pensieri alternativi più funzionali “pensieri competitivi” che aiutino ad interpretare in modo più realistico le situazioni senza attivarmi in modo eccessivo.

Fase 7. Esporsi alle situazioni ansiogene temute ed evitate:

  • Iniziare ad esporsi alle situazioni più semplici (meno ansiogene) fino a quelle più ansiogene! (Non abbandonare mai la situazione ansiogena finchè i livelli d’ansia non si saranno abbassati)
  • Ripetersi i pensieri competitivi funzionali!
  • Respirare in modo lento, regolare e profondo (respirazione addominale)!

Numerose ricerche hanno dimostrato l’efficacia della Terapia Cognitivo Comportamentale nel trattamento e riduzione dei livelli di ansia e della frequenza delle preoccupazioni (Öst, 2008).Terapia Cognitivo Comportamentale risiede nell’aumentare: 1) la consapevolezza soggettiva dei pensieri disfunzionali, non utili, riducendo lo stato di preoccupazione; 2) la capacità di tollerare l’incertezza e l’assenza di un controllo assoluto; 3) la capacità di valutare razionalmente la reale probabilità che si possano manifestare gli eventi negativi temuti; 4) la capacità di riconoscere il rimuginio disfunzionale e regolare le emozioni negative. Esponendo la persona in modo graduale alle situazioni temute e preoccupanti, è possibile “testare” e “disconfermare”  i suoi pensieri negativi.

Ricorda sempre le 3 regole d’oro:

1. L’ANSIA NON UCCIDE

2. L’ANSIA PIU’ LA EVITI E PIU’ SI GENERALIZZA 

3.L’ANSIA PIU’ L’AFFRONTI E PIU’ SCOMPARE

L’ansia va affrontata per imparare a gestirla e ridurla! 

 La paura affrontata diventa coraggio, la paura evitata diventa panico!

 

CHIEDERE AIUTO PUO’ FARE LA DIFFERENZA!psicologo ansia

Tentare la strada dei rimedi fai da te non sempre aiuta, anzi alle volte può addirittura peggiorare le cose, per tale ragione quando l’ansia diventa eccessiva e fa soffrire limitando il normale svolgimento delle attività di vita è importante rivolgersi subito ad uno psicologo! Se ti riconosci nella descrizione del Disturbo d’ansia o hai sperimentato attacchi di panico ti consigliamo di richiedere una consulenza specialistica senza impegno (gratuita) presso il nostro centro!